Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/117

Da Wikisource.

vi. situazioni petrarchesche iii


                                              Che il desiderio avanza.
Ove è silenzio e tenebre
La gloria che passò.
     
Ma il nostro poeta cerca di farcelo concepire, e perciò annienta il suo effetto estetico:
                                    Che dove, del mal suo quaggiú si lieta,
Vostra vaghezza acqueta
Un mover d’occhio, un ragionar, un canto;
Quanto fia quel piacer, se questo è tanto?
     
A buon conto: se il piacere mondano è si grande, quanto non dee esser maggiore il piacere celeste? È un argomento dal meno al piú, buono in logica, ma infelicissimo in estetica: perché, esteticamente, ciò che fa impressione, è il mover d’occhio, il canto; dove l’altro piacere rimane un pensato, spoglio d’ogni effetto poetico. Vero è però che il poeta, non riuscitogli di farlo sublime, si sforza di renderlo bello, con l’immagine del cielo, dov’è la sua sede:
                                    Mirando il ciel che ti si voi ve intorno
Immortal ed adorno.
     
Nel che Dante Io avanza di semplicitá e di naturalezza, ed il Tasso d’efficacia e di calore. Dante dice:
                                    Chiamavi il ciel che intorno vi si gira,
Mostrandovi le sue bellezze eterne.
     
E il Tasso, nella patetica risposta di Sofronia ad Olindo:
                                    Mira il ciel com’è bello, e mira il sole,
Che a sé par che ne inviti e ne console.
     
Del resto, questo discorso della ragione non manca d’un certo calore di penna; d’un’efficacia tutta rettorica. Ciò che è bene