Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/145

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vii. situazioni petrarchesche i39


nelle nobili sue ricordanze. Ma lo scopo è circoscritto e quasi personale: il poeta esorta Cola alla liberazione di Roma, non senza una certa vanitá di mostrarsi, dopo il fatto, iniziatore morale dell’impresa. Rimane cosí in un campo oratorio-poetico. Il vero interesse della canzone è nella rappresentazione di Roma antica, culto della classe letterata, di Cola e del Petrarca. Gli altri sentimenti sono vaghi, vuoti d’affetti e di particolari, spesso rettorici. Il disegno è concepito freddamente e a priori, con oggetti distribuiti astrattamente e secondo un ordine logico. Nelle due prime stanze c’è una specie d’introduzione; succede l’immagine di Roma antica risurgente; in tre stanze son descritte le miserie delle discordie civili, che straziavano Roma; finisce con una esortazione. L’interesse va sempre crescendo sino alla quarta stanza, da cui comincia a declinare, insino a che nell’ultimo si raffredda quasi del tutto.

Le tre prime stanze sono le piú belle. L’Italia, o, per dir meglio, il suo «capo» Roma, gli sta innanzi personificata in una vecchia «lenta» e sonnacchiosa. C’è una indignazione composta ed austera, piena di solennitá, che ti tiene raccolto e serio, come innanzi a gravi avvenimenti. Non c’è cosa piú trista che un popolo che sta li come un cadavere che non ti risponde. È un sublime negativo che ti fa venire il freddo per le ossa, e ti fa star chino il capo in un cupo abbattimento, come senti in questi due versi ammirabili, d’un andare tanto solenne:

                                         Non spero che giammai dal pigro sonno
Mova la testa, per chiamar ch’uom faccia.
     
Questa impressione è ingagliardita dalle memorie di quel popolo, destate da ciò che solo ne sopravvive: le mura, testimoni di tante grandi cose, e i sassi, sepolcri di eroi. Nel fondo della tomba ti s’apre la vista gloriosa del passato per piú strazio. Il principio è d’una romana maestá:
                                         L’antiche mura ch’ancor teme ed ama,
E trema ’l mondo...