Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/170

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i64 saggio critico sul petrarca


lisi, che in mezzo al dolore fanno sentire non so che di scuro e di pauroso. Questo è la realtá, la terribile ed angosciosa poesia del vero; ma non tarda a comparir l’errore co’ suoi leggiadri fantasmi. Eccoti il secondo pensiero, che, con aria di compatimento, lo chiama: «lasso!», gli susurra all’orecchio nel solito tono di familiaritá e di reciproca intelligenza:

                                    Che fai tu lasso? forse in quella parte
Or di tua lontananza si sospira:
Ed in questo pensier l’alma respira.
     
Godi, povero poeta, finché t’è conceduto, godi! Il tuo cuore è ora in quella parte; che t’importa che la tua immagine, il corpo, sia lontana?
                                    Ivi è ’l mio cor, e quella che ’l m’invola:
Qui veder puoi l’immagine mia sola.
     
Noi sappiamo che sará per poco; e questa serie d’inganni e di disinganni si prolunga al di lá della canzone nel lettore commosso.

Chi vuol sentire l’eccellenza di questa canzone, non ha che a compararla con l’antecedente. La perfezione tecnica ti rivela lo stesso poeta; ma niente dimostra meglio come la poesia è nell’anima. Si tratta delle visioni di Laura: il poeta la vede in ogni tempo e in ogni luogo. Ma queste visioni non sono rappresentate nel momento che nascono, con le occasioni, i moti dell’anima, che le producono, le impressioni che ne nascono. Sono isolate dalle condizioni del loro vivere, e riprodotte in una situazione d’animo affatto diversa. Il poeta pone in rassegna certi tempi e certi luoghi, e sottilizza sulle relazioni tra quei tempi e quei luoghi, e questa o quella qualitá di Laura. Ne nasce una poesia a rapporti e similitudini, per esempio, tra la primavera e Laura fanciulla, l’está e Laura giovine, l’autunno e Laura matura, tra le viole e l’abito color di viola di Laura, tra le stelle e gli occhi, tra un vasello d’oro con entro rose bianche e vermiglie e le tre