Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/172

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i66 saggio critico sul petrarca


Nella canzone antecedente ci è un va e vieni di due forze in lotta, tenaci, l’una di rincontro all’altra. E l’interesse poetico è appunto in questo invitto ritorno di ciascuna delle due, variato con differenza di particolari sempre piú significativi. Ciascuna stanza contiene una situazione speciale, indicata piuttosto che sviluppata: situazione che cela nel suo grembo una poesia, di cui appariscono appena lampi in pochi tratti



                                             S’egli è pur mio destino
    (E il Cielo in ciò s’adopra)
    Ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda.
    Qualche grazia il meschino
    Corpo fra voi ricopra,
    E tomi l’alma al proprio albergo ignuda.
    La morte fia men cruda
    Se questa speme porto
    A quel dubbioso passo;
    Che lo spirito lasso
    Non porta mai in piú riposato porto
    Nò ’n piú tranquilla fossa
    Fuggir la carne travagliata e l’ossa.
         Tempo verri ancor forse,
    Ch’ali’usato soggiorno
    Torni la fera bella e mansueta:
    E lá Velia mi scorse
    Nel benedetto giorno,
    Volga la vista desiosa e lieta,
    Cercandomi; ed, o pietá!
    Giá terra infra le pietre
    Vedendo, Amor l’inspiri
    In guisa che sospiri
    Sí dolcemente che mercé m’impetre,
    E faccia forza al Cielo,
    Asciugandosi gli occhi col bel velo.
         Da’ be’ rami scendea
    (Dolce nella memoria)
    Una pioggia di fior sovra ’l suo grembo;
    Ed ella si sedea
    Umile in tanta gloria,
    Coverta giá dell’amoroso nembo.
    Qual fior cadea sul lembo.
    Qual su le trecce bionde,
    Ch’oro forbito e perle
    Eran quel di a vederle;
    Qual si posava in terra, e qual su Tonde;
    Qual con un vago errore
    Girando, parea dir: qui regna Amore.