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viii. situazioni petrarchesche | i73 |
canzone questa coscienza amareggia il godimento, rompe a mezzo la fantasia, c’è un inesorabile: alto lá! che non gli lascia neppure la voluttá dell’errore:
Che se l’error durasse, altro non cheggio. |
Questa canzone è giudicata a ragione come la piú squisita cosa che sia uscita dalla penna del Petrarca. Sovente rappresenta il suo stato per via di pensieri generali, non senza ragionamento; qui l’animo è colto in un momento particolare ben circostanziato. Il poeta non lo ricorda, non ci si pone al di sopra e lo spiega; ma nel punto che scrive, lo soffre, vi soggiace con una oscura coscienza, narra, fantastica, si lamenta, si rallegra, come attore nel caldo e nello spontaneo dell’azione. In ogni strofa la situazione avanza, rasserenandosi, insino a che giugne all’ultimo dell’obblio e dell’estasi, e si scioglie in un pacato sorriso. Il che avviene per avvenimenti interni dell’animo eccitati da una vista piena di memorie, e succedentisi come onda sopra onda, di per sé, con appena qualche barlume di coscienza, senza che la volontá o l’intelligenza vi prenda parte. Le immagini sono cosí precise e contornate, che sembrano statue; ma si tirano appresso de’ sentimenti, che a poco a poco le fondono in note musicali. Nessun sentimento si stacca dall’immaginazione e si continua da sé; ma c’è, se si può dir cosí, una generazione continua, quasi in ciascun verso, talora in un epiteto. Il sentimento è tanto piú profondo, quanto è piú nascosto; il poeta vede, e nel vedere soffre o si allegra; ma non lo dice: lo senti nella melodia del verso, in qualche aggiunto, in qualche perifrasi, in accessorii talora inespressi, ma inevitabilmente presenti. In questo cielo fosco, che a poco a poco si rischiara in sino a che t’abbaglia uno