Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/205

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x. trasfigurazione di laura i99


Eccolo per i campi, e pur lá, dove l’avea tante volte veduta, eccolo in fuga, incalzato alle spalle da lui stesso, gittarsi fra le ombre de’ boschi cercando Laura: ella viene! Ora la vede assisa sulla riva del fiume, come una ninfa; ora la vede camminare sui fiori (son. XIII):
                                         Quante fiate al mio dolce ricetto,
Fuggendo altrui, e, s’esser può, me stesso,
Vo con gli occhi bagnando l’erba e ’l petto,
Rompendo co’ sospir l’aere da presso!
     Quante fiate sol, pien di sospetto,
Per luoghi ombrosi e foschi mi son messo,
Cercando col pensier l’alto diletto,
Che Morte ha tolto, ond’io la chiamo spesso!
     Ora in forma di ninfa o d’altra diva,
Che dal piú chiaro fondo di Sorga esca,
E pongasi a seder in su la riva;
     Or l’ho veduta su per l’erba fresca
Calcar i fior com’una donna viva.
Mostrando in vista che di me le ’ncresca.
     
Queste liete apparizioni sono raccontate con uu candore infantile, come farebbe un ingenuo romito, e producono una perfetta illusione. Talora con la sua mano di ghiaccio sopravviene il disinganno (son. LXII):
                                         Si nei mio primo occorso onesta e bella
Veggiola in sé raccolta e sf romita,
Ch’i’ grido: eli’ è ben dessa; ancora è in vita:
E ’n don le cheggio sua dolce favella.
     Talor risponde e talor non fa motto.
I’, com’uom ch’erra e poi piú dritto estima,
Dico alla mente mia: tu se’ ’ngannata:
     Sai che ’n mille trecento quarantotto,
Il di sesto d’aprile, in l’ora prima.
Del corpo uscio quell’anima beata.
     

Tutti gli artificii e gli splendori dello stile non hanno niente di comparabile a questa semplicitá. Il Muratori ammira «la