Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/223

Da Wikisource.

xi. dissoluzione di laura 2i7


d’innumerabili mortali suoi cattivi, fa ridere; piú ancora, quando esalta Laura con un fracasso, con un rimbombo paragonato al terribil suono dell’Etna o di Scilla e di Cariddi, o quando Lucrezia e Penelope gli saltan su e lo spennacchiano. Questo fondo astratto e generale, espresso in sentenze e allegorie, è il primo difetto organico della concezione.

Direste che questo è la cornice, e non il quadro, e che il principale interesse è non ne’ trionfatori, ma negli uomini di cui si trionfa. Cosi presse Dante i tre regni sono la vasta cornice, in cui si agita l’umanitá, obbietto della poesia. Ma qui comparisce un secondo difetto organico, voglio dire inerente alla concezione. Gli uomini sono colti fuori dell’azione e della passione, nel punto che sono soggiaciuti, vale a dire quando ogni storia ed ogni interesse è finito. Gli è come se uno rappresentasse un esercito non nell’atto della battaglia, ma dopo, in rassegna. Pur li c’è la memoria ancor calda della giornata ed il celebre: io fui. Qui c’è lunga processione d’uomini, non operanti, di rado parlanti, materia non drammatica, ma puramente descrittiva, come pezzi di storia naturale: «io vidi il tale e la tale, e poi la tale e il tale». In queste liste di uomini, o piuttosto di nomi, appena è se talora sorge qualcuno con un segno di distinzione che ti arresta, come una scritta funebre in un cimitero. Di queste scritte molte sono insulse, ma ce ne ha delle felicissime, soprattutto per gli uomini di lettere e di scienze. Dice d’Omero:

                                    Primo pittor delle memorie antiche.      
Chiama Virgilio e Marco Tullio: «gli occhi della lingua nostra». Dice di Marco Tullio:
                                    Ed uno al cui passar l’erba fioriva.      
Finge Demostene:
                                    Non ben contento de’ secondi onori.