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224 | saggio critico sul petrarca |
La morte di Laura è troppo piccola cosa allato alla morte del creato; ma la veritá è che qui il creato ci sta per Laura. Invano il poeta si sforza di dar grandezza a questa storia dell’uma-
Ma non si ruppe almen ogni vel quando Sola i tuoi detti, te presente, accolsi, «Dir piú non osa il nostro amor» cantando? Teco era ’l cor; a me gli occhi raccolsi: Di ciò, come d’iniqua parte, duolti. Se ’l meglio e ’l piú ti diedi, e ’l men ti tolsi. Né pensi che, perché ti fosser tolti Ben mille volte, e piú di mille e mille Renduti e con pietate a te tur volti. E state toran lor luci tranquille Sempre ver te, se non ch’ebbi temenza Delle pericolose tue faville. Piú ti vo’ dir, per non lasciarti senza Una conclusion ch’a te fia grata Forse d’udir in su questa partenza: In tutte l’altre cose assai beata, In una sola a me stessa dispiacqui. Che ’n troppo umil terreo mi trovai nata. Duoimi ancor veramente ch’io non nacqui, Almen piú presso al tuo fiorito nido: Ma assai fu bel paese cnd’io ti piacqui. Che potea ’l cor, del qual sol io mi fido. Volgersi altrove, a te essendo ignota; Ond’io fora men chiara e di men grido. Questo no, rispos’io, perché la rota Terza del ciel m’alzava a tanto amore. Ovunque fosse, stabile ed immota. Or che si sia, diss’ella, i’ n’ebbi onore, Ch’ancor mi segue: ma per tuo diletto Tu non t’accorgi del fuggir dell’ore. Vedi l’Aurora dell’aurato letto Rimenar a’ mortali il giorno; e il Sole Giá fuor dell’Oceano infino al petto. Questa vien per partirci; onde mi dole: S’a dir hai altro, studia d’esser breve, E col tempo dispensa le parole. Quant’io soffersi mai, soave e leve, Dissi, m’ha fatto il parlar dolce e pio; Ma ’l viver senza voi m’è duro e greve. Però saper vorrei. Madonna, s’io Son per tardi seguirvi, o se per tempo. Ella, giá mossa, disse: al creder mio, Tu stara’ in terra senza me gran tempo. |