Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/256

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furono fatte a memoria: se qui ricorre qualche errore va rispettato quale indizio della familiaritá che il D. S. aveva con il suo poeta (Rammentiamo quello che egli narrerá a questo proposito nel capitolo XXVI de La Giovinezza: «Sapevamo a mente molti sonetti e canzoni del P.; e, appunto perché dimesticati con lui, ci fece poca impressione».) E non mancano casi nei quali la forte memoria del critico gli faceva dare una lezione piú corretta di quella dell’ediz. Le Monnier, come, per es., a p. 40, rr, 28-29 e a p. 83, r. i9, ed altri nei quali non si tratta di errore della memoria ma di conservazione d’una lezione diversa da quella dell’ediz. Le Monnier, come, per es., a p. 40, r. i7. Ma buona parte delle citazioni sono quelle che l’autore dettò all’Imbriani avendo sott’occhio i libri, e sia perché l’Imbriani intese male sia perché non scrisse ben chiaramente, quando il D. S. rielaborò le lezioni trasferí nel suo manoscritto alcuni errori che passarono poi nelle stampe. Quando, per fare un esempio, nel son. XV (p. i04) leggiamo al v. 2 in P e in S: Col capo stanco che a gran pena porto, anziché Col corpo, restaurare «corpo» è ancora logico, trattandosi evidentemente di una forma ereditata dal manoscritto Imbriani. Ma solo al D. S. e ad inganno della sua memoria sono imputabili errori come quelli registrati dal Croce nella pagina sopra riferita della «Prefazione» alla sua ristampa; e tali errori abbiamo conservato dando conto nell’apparato della lezione vera con la sigla Edd., con la quale indichiamo insieme la lezione dell’edizione Le Monnier e il restauro, conforme ad essa, introdotto da Cr, e accettato da Co, T e G.

Un esempio tipico è dato dal sonetto Gli occhi di ch’io parlai si caldamente, del quale il D. S. cita (pp. 177-178) la seconda quartina e le due terzine, non di seguito ma intercalando tra quartina e terzine alcune righe di commento. Nei dieci versi il D, S., stando a P e a S, altera il testo Le Monnier (il quale non differisce da quelli correnti allora, per esempio da quelli recanti le Osservazioni del Muratori, che il D. S. ebbe familiari) in ben sei punti. Troppi, per chi citi avendo un testo sotto gli occhi; troppi anche per imputarli a trascuratezza dell’Imbriani. Non solo, ma «viso» in luogo di «riso» del v. 6, è ripetuto tre righe sotto nel testo. Il passo in questione è conservato, oltre che da P e da S, dalla stampa del «Politecnico nella quale gli errori sono cinque e non sei, essendovi al v. 5 la forma corretta «crespe chiome» che in P e in S diventa disgraziatamente «fresche chiome». Abbiamo dunque corretto «fresche» in «crespe», ma abbiamo lasciato gli altri errori, che stanno anch’essi a