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viii - il «canzoniere» 255


contrarie impressioni, secondo le occasioni o lo stato dell’animo in questo o quel momento della vita. Non ci è storia, perché nell’anima non ci è una forte volontá né uno scopo ben chiaro; perciò è tutta in balia d’impressioni momentanee, tirata in opposte direzioni. Di che nasce un difetto d’equilibrio, la discordia o la scissura interiore. Il reale comparisce la prima volta nell’arte, condannato, maledetto, chiamato il «falso dolce fuggitivo»: pur desiderato, di un desiderio vago che si appaga solo in immaginazione; debolmente contraddetto e debolmente secondato. Minore è la speranza, piú vivo è il desiderio, il quale, mancatagli la realtá, si appaga in immaginazione. Nasce una vita di sogni, di estasi, di fantasie di quello che l’animo desidera, non con la speranza di conseguirlo, anzi con la coscienza di non conseguirlo mai. Il poeta sogna, e sa che sogna, e gli piace sognare:

                                    E piú certezza averne fora il peggio.      
Perché, se per averne piú certezza, rompe il corso dell’immaginazione, sopraggiunge il disinganno. Cosi vive in fantasia, fabbricandosi godimenti, interrotti spesso dalla riflessione con un «ahi lasso!», in un flutto perenne d’illusioni e disillusioni. Il disaccordo interno è appunto in questo: nella immaginazione che costruisce e nella riflessione che distrugge; malattia dello spirito, nata appunto dall’esagerazione dello spiritualismo. Lo spirito non è sano, perché, a forza di segregarsi dalla natura e dal senso, si trova alfine di rincontro e ribelle l’immaginazione; e l’immaginazione non è sana, perché ha di rincontro a sé e ribelle la riflessione, che in un attimo le dissipa i suoi castelli incantati. Lo spirito rimane pura riflessione o ragione astratta, e non ha forza di sottoporsi la volontá, per il contrasto che trova nell’immaginazione. L’immaginazione rimane pura immaginazione, e non ha forza sulla volontá, non lavora a realizzare i suoi dolci fantasmi, per il contrasto che trova nella riflessione. Se una delle due forze potesse soggiogar l’altra, nascerebbe l’equilibrio e la salute; ma le due forze lottano senza alcun risultato, non si giunge mai a un virile «io voglio», ci è al di dentro il si e il no in eterna tenzone: perciò la vita non esce mai al di fuori