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ix - il «decamerone» 315


spirito in quelle sue forme eccessive è divenuto per questa gente il mondo volgare. È immaginabile con che voluttá la carne dopo la lunga compressione si sfoghi, con che delizia ti ponga innanzi ad uno ad uno i suoi godimenti, scegliendo i modi e le frasi piú scomunicate, e talora volgendo a senso osceno frasi e immagini sacre. È il mondo profano in aperta ribellione, che ha rotto il freno e fa la caricatura al padrone cadutogli di sella. Su questo fondo comico s’intreccia una grande varietá di accidenti, di cui sono gli eroi i due protagonisti immortali di tutte le commedie, chi burla e chi si fa burlare, i furbi e i gonzi, e di questi i piú martoriati e i piú innocenti, i mariti. E fra tanti accidenti si sviluppa una grande ricchezza di caratteri comici, de’ quali alcuni sono rimasti veri tipi, come il cattivello di Calandrino e Io scolare vendicativo che sa dove il diavolo tien la coda. I caratteri seri sono piuttosto singolaritá che tipi, individui perduti nella minutezza ed eccezionalitá della loro natura, come Griselda, Tito, il conte di Anguersa, madama Beritola, Ginevra e la Salvestra e l’Isabetta e la figlia di Tancredi. Ma i caratteri comici sono la parte viva e intima e sentita di questo mondo, e riflettono in sé fisonomie universali che incontrate nell’uso comune della vita, come compar Pietro e maestro Simone e fra Puccio e il frate montone e il giudice squasimodeo e monna Belcolore e Tofano e Gianni Lotteringhi, e tutte le varietá, perché «infinita è la turba degli stolti». Cosi questo mondo spensierato e gioviale si disegna, prende contorni, acquista una físonomia, diviene la «commedia umana».

Ecco, a cosi breve distanza, la commedia e l’anticommedia, la «divina commedia» e la sua parodia, la «commedia umana»! E sullo stesso suolo e nello stesso tempo Passavanti, Cavalca, Caterina da Siena; voci dell’altro mondo, soverchiate dall’alto e profano riso di Giovanni Boccaccio. La «gaia scienza» esce dal suo sepolcro col suo riso incontaminato; i trovatori e i novellatori, spenti da’ ferri sacerdotali, tornano a vita e ripigliano le danze e le gioiose canzoni nella guelfa Firenze; la novella e il romanzo, proscritti, proscrivono alla lor volta e rimangono padroni assoluti della letteratura. Certo, questo mutamento non