Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/12

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Finisce cosi :

Però ti prego, Dolcetto, che sai la pena mia, che me ne facci un sonetto e mandilo in Soria: eh’ io non posso abentare notte né dia: in terra d’oltremare ita è la vita mia.

La lezione è scorretta; pure, questa è giá lingua italiana, e molto sviluppata ne’ suoi elementi musicali e ne’ suoi lineamenti essenziali.

L’amante che prega e chiede amore, l’ innamorata che lamenta la lontananza dell’amato o che teme di essere abbandonata, le punture e le gioie dell’amore, sono i temi semplici de’ canti popolari, la prima effusione del cuore messo in agitazione dall’amore. E queste poesie, come le piú semplici e spontanee, sono anche le piú affettuose e le piú sincere. Sono le prime impressioni, sentimenti giovani e nuovi, poetici per se stessi, non ancora analizzati e raffinati .

Di tal natura è il Lamento dell’ innamorato per la partenza in Soria della sua amata di Ruggerone da Palermo e il canto di Odo delle Colonne da Messina, dove l’ innamorata con dolci lamenti effonde la sua pena e la sua gelosia. Eccone il principio:

Oi lassa innamorata, contar vo’ lo mia vita, e dire ogni fiata come l’amor m’ invita, eh’ io son, senza peccata, d’assai pene guernita per uno che amo e voglio e non aggio in mia baglia 1 , siccome aver io soglio; però pato travaglia.

i «Baglia», balla