Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/288

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Ecco uscirgli dall’ immaginazione il Filocólo. Il titolo è greco, come piú tardi è il Filostrato e come sará il Decamerone. La materia è tratta da un romanzo spagnuolo, ed è gli amori di Fiorio e Biancofiore. Ma si tratta della Spagna pagana, al tempo di Roma pagana, quando giá vi penetrava il cristianesimo. La materia è tale che il giovane autore vi può sviluppare tutte le sue tendenze. Ai giovani innamorati e alle amorose donzelle consacra i «nuovi versi, i quali — egli dice loro — non vi porgeranno i crudeli incendimenti dell’antica Troia né le sanguinose battaglie di Farsaglia. . . ; ma udirete i pietosi avvenimenti dell’ innamorato Fiorio e della sua Biancofiore, i quali vi fiano graziosi molto» . Probabilmente i giovani vaghi e le donne innamorate avrebbero desiderato una storia di amore piú breve e meno dotta. Ma come resistere alla tentazione? Il giovane ci ficca dentro tutta la mitologia, e ad ogni menoma occasione esce fuori con la storia greca e romana. Giuba, uccisole il marito, nell’ultima disperazione parlando all’uccisore, cita Ecuba e Cornelia. Né la mitologia ci sta a pigione, come semplice colorito, ma è la vera macchina del racconto, come in Omero e Virgilio. E se Giove, Pluto, Venere, Pallade e Cupido fossero personaggi vivi, avremmo un grottesco non dispiacevole; ma sono personificazioni ampollose e rettoriche, formate dalla memoria, non dall’ immaginazione. Ancora, visto che teologia e poesia sono una stessa cosa, la teologia è paganizzata, e Dio diviene Giove, e Lucifero diviene Pluto; si che pagani e cristiani, inimicandosi a morte, usano le stesse forme e adorano gli stessi iddíi. Macchinismo vuoto, che s’ intramette dappertutto e guasta il linguaggio naturale del sentimento, introducendo ne’ fatti e nelle passioni un’espressione artificiale e metaforica. Volendo dire «giovani innamorati» si dice : «i quali avete la vela della barca della vaga mente dirizzata a’ venti che muovono dalle dorate penne ventilanti del giovane figliuolo di Citerea». L’awicinarsi della sera è espresso cosi : «I disiosi cavalli del sole, caldi per lo diurno affanno, si bagnavano nelle marine acque d’occidente». Altrove è detto: <f L’Aurora aveva rimossi i notturni fuochi, e Febo avea giá rasciutte le brinose erbe». Nasce uno stile pomposo e freddo, che invano l’autore cerca incalorire con le figure rettoriche,