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xvii - torquato tasso 173


Cerca troppo il poeta lo stacco e il rilievo, dare un significato anche all’ insignificante, e cerca il significato nei rapporti intellettuali anche tra la maggiore evidenza della rappresentazione e la concitazione piú violenta dell’affetto, come:


                               O sasso amato ed onorato tanto,
che dentro hai le mie fiamme e fuori il pianto!
     


Con questi giuochi di parole e di pensieri si lagna Tancredi e infuria Armida, la quale anche nella disperazione del suicidio fa un discorsetto alle sue armi assai ingegnoso, e finisce:


                               Sani piaga di strai piaga d’amore,
e sia la morte medicina al core.
     


É ciò che fu detto «orpello del Tasso» o maniera, propria de’ poeti subbiettivi : una forma artificiosa di rappresentazione, dove l’interessante non è la cosa, ma il modo di guardarla. In questo caso la forma non è la cosa, ma lo spirito, con le sue attitudini facilmente classificabili nei loro caratteri esteriori, e divenute maniera o abitudine nella rappresentazione, com’ è il petrarchismo o il marinismo. Essendo il proprio di questa maniera una cantilena breve e chiusa, che ha il suo valore non solo nel rimanente della clausola ma in se stessa, vi si sviluppa l’elemento cantabile e musicale, una enfasi sonora, un suono di tromba perpetuo e monotono, con certe pause, con certi trilli, con certe ripigliate, con un certo sopratuono come di chi gridi e non parli, che non comporta la semplice recitazione, come si può in molti passi di Dante, del Petrarca e dell’Ariosto, ma ti costringe alla declamazione. Ci è un «Arma virumque cano» dal principio all’ultimo, un accento sollevato e teso, come di chi si trovi in uno stato cronico di esaltazione. Indi, scelta di parole sonanti, riempiture di epiteti e di avverbi, nobiltá convenzionale di espressione, povertá di parole, di frasi, di costruzioni e di gradazioni. Con questa forma declamatoria, si accompagna naturalmente la rettorica, che è quel tenersi su’ generali, e ravvivare luoghi comuni o concettosi con un calore tutto d’immaginazione, tra uno scoppiettio di apostrofi.