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come sostengono i «cirenaici, cinici e stoici». Bruno avea dapprima la stessa opinione, diffusa giá in molti contemporanei, soprattutto nei medici, parendogli che quella dottrina avesse «fondamenti piú corrispondenti alla natura che quei di Aristotele». Cominciò dunque prettamente materialista; ma, considerata la cosa «piú maturamente», non potè confondere la potenza passiva di tutto e la potenza attiva di tutto, chi fa e chi è fatto, la forma e la materia : onde venne nella conclusione esserci nella natura due sustanze, l’una ch’è forma, l’altra che è materia, la «potestá di fare» e la «potestá di esser fatto». Perciò nella scala degli esseri «c’è uno intelletto, che dá l’essere a ogni cosa, chiamato da’ pitagorici... * datore delle forme ’; una anima e principio formale, che si fa e informa ogni cosa, chiamata da’ medesmi ‘fonte delle forme’; una materia, della quale vien fatta e formata ogni cosa, chiamata da tutti ‘ricetto delle forme’».

Quanto all’intelletto, «primo e ottimo principio», «non possiamo conoscer nulla se non per modo di vestigio» essendo la «divina sustanza... infinita» e «lontanissima da quelli effetti che sono l’ultimo termine del corso della nostra discorsiva facultade». Dio dunque è materia di fede e di rivelazione, e, secondo la teologia e «ancora tutte riformate filosofie», è cosa «da profano e turbolento spirito il voler precipitarsi a... definire circa quelle cose che son sopra la sfera della nostra intelligenza». Dio «è tutto quel che può essere» : in lui potenza e atto «son la medesima cosa», possibilitá assoluta, atto assoluto. «Lo uomo è quel che può essere; ma non è tutto quel che può essere... Quello, che è tutto che può essere, è uno il quale nell’esser suo comprende ogni essere. Lui è tutto quel che è e può essere.» In lui ogni potenza e atto è «complicato, unito e uno : nelle altre cose è esplicato, disperso e moltiplicato». Lui è «potenza di tutte le potenze, atto di tutti gli atti, vita di tutte le vite, anima di tutte le anime, essere de tutto l’essere». Perciò il Rivelatore lo chiama «Colui che è», il «Primo» e il «Novissimo», poiché «non è cosa antica e non è cosa nuova», e dice di lui: «Sicut tenebrae eius, ita et lumen eius». «Atto absolutissimo» e «absolutissima potenza, non può esser compreso da l’intelletto se non