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258 | storia della letteratura italiana |
Accanto alla sua ricostruzione ci è dunque un elemento negativo, una critica della societá com’era costituita. Il suo punto di mira sono sofisti, ipocriti e tiranni, come contrafiattori e falsificatori delle tre primalitá, sapienza, amore e potenza, «di tre dive eminenze falsatori»:
Io nacqui a debellar tre mali estremi, tirannide, sofismi, ipocrisia,... che nel cieco amor proprio, figlio degno d’ignoranza, radice e fomento hanno: dunque a diveller l’ignoranza io vegno. |
Dal qual concetto nasce un magnifico sonetto sulla storia del mondo, foggiata dall’amor proprio:
Credulo, il proprio amor fe’ l’uom pensare non aver gli elementi né le stelle (benché fusser di noi piú forti e belle) senso ed amor, ma sol per noi girare: poi tutte genti barbare ed ignare, fuor che la nostra, e Dio non mirar quelle: poi il restringemmo a que’ di nostre celle: sé solo alfine ognun venne ad amare, e, per non travagliarsi, il saper schiva: poi, visto il mondo a’ suo’ voti diverso, nega la provvidenza o che Dio viva. Qui stima senno le astuzie: e perverso, per dominar fa nuovi dèi, poi arriva a predicarsi autor dell’universo. |
Se tutt’ i mali sono frutto dell’ignoranza, si comprende il suo entusiasmo per la scienza e per la sua missione. Il savio è invitto, perché vince, anche se tu l’uccidi:
S’e’ vive, perdi, e, s’e’ muore, esce un lampo di deitá dal corpo per te scisso, che le tenebre tue non han piú scampo. |
I guai piú spandono suo nome e gloria, e, ucciso, è adorato per santo; né è sventura ch’ei sia nato di vii progenie e patria, perché illustra egli le sue sorti. Piú è calpesto e piú s’innalza: