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xix - la nuova scienza | 261 |
torni lá ov’ebbe radice». Il progresso è la ristaurazione del buon tempo antico. Bruno spregia l’etá dell’oro, stato d’innocenza, alla quale contrappone la virtú. Innocenza è ignoranza, virtú è sapienza. Ed è sapienza non infusa e comunicata dal di fuori, ma prodotto della libera attivitá individuale. In questo sistema la libertá è sostanziale, l’ideale è il progresso per mezzo della libertá. In questi due grandi italiani spuntano giá le due vie dello spirito moderno: vedi il razionalista e il neocattolico. L’uno volge le spalle al passato, l’altro cerca di trasformarlo e farsene leva per il progresso.
Attendendo l’etá dell’oro. Campanella vede il mondo nella sua degenerazione, grazie a’ tiranni, a’ sofisti e agl’ipocriti. Tra’ sofisti pone i poeti, seminatori di menzogne:
In superbia il valor, la santitate passò in ipocrisia, le gentilezze in cerimonie, e ’l senno in sottigliezze, l’amor in zelo, e ’n liscio la beltate, mercé vostra, poeti, che cantate finti eroi, infami ardor, bugie e sciocchezze, non le virtú, gli arcani e le grandezze di Dio, come facea la prisca etate. |
Altrove li rampogna che, in luogo di cantare Colombo e gli alti fatti moderni, stieno impaludati nelle favole antiche. Né gli è caro che sciupino l’ingegno in argomenti futili. Bellezza è segno del bene: bella ogni cosa è dove serve e quando, e brutta dov’è inutile o mal serve, e piú s’annoia:
Il bianco, che del nero è ognor piú bello, piú brutto è nel capello... pur bello appar, se prudenza rassembra. Belle in Socrate son le strane membra, note d’ ingegno nuovo; ma in Aglauro sarian laide: e negli occhi, il color giallo, di morbo indicio e brutto, è bel nell’auro, ch’ivi dinota finezza e non fallo. |