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xix - la nuova scienza 265


come facevano i protestanti, sostenendo la loro indipendenza verso il potere ecclesiastico. Continuando Dante e Machiavelli, nega al papa ogni potestá su’ principi, e vuole al contrario ricondurre i chierici sotto il dritto comune, non altrimenti che semplici cittadini. Emancipare lo Stato, secolarizzarlo, assicurargli la sua liberta dirimpetto alla corte di Roma, questo era un terreno comune, dove spesso s’incontravano principi e riformatori. Paolo Sarpi ebbe il buon senso di mantenervisi, con una chiarezza e fermezza di scopo assai rara in scrittore italiano. D’ingegno sveltissimo e di amplissima coltura, non lascia tralucere delle sue idee se non quello solo che può avere un effetto pratico a quel tempo e in quella societá, usando una moderazione di concetti e di forme piú terribile che non l’aperta violenza. Taglia nel vivo con un’aria d’ingenuitá e di semplicitá, come chi ti faccia una carezza. Cinque volte si tentò di ammazzarlo; e all’ultima, colpito dal ferro assassino, esclamò:— Conosco lo stile della romana curia. —

La sua Storia del concilio di Trento è il lavoro piú serio che siasi allora fatto in Italia. Quel concilio era la base della restaurazione cattolica, o, piuttosto, reazione, e delle pretese della corte romana. Vi fu consacrato il potere assoluto del papa e la sua supremazia sul potere laicale. Ivi aveano radice i dritti giurisdizionali, che curia e gesuiti cercavano di far valere negli Stati, concitando contro di sé non solo i protestanti, ma i principi cattolici. Era il medio evo rammodernato nella superficie, di apparenze piú corrette e meno rozze. Scrivere la storia di quel concilio, e dimostrare la sua mondanitá, cioè a dire i fini, le passioni e gl’ interessi mondani, che resero possibili quei decreti e prevalenti le opinioni estreme e violente, era un attaccare il male nella sua base. A questa impresa si accinse il Sarpi. E se la passione politica fosse in lui soprabbondata. tirandolo a violenza d’idee e di espressioni e a volontarie alterazioni e mutilazioni di fatti, il suo scopo sarebbe mancato. La sua forza è nella sua moderazione e nelle sua sinceritá. Né questo egli fa solo per sagacia di uomo politico, ma per naturale probitá e per serietá di storico e letterato. La