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storia della letteratura italiana |
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animati dalla stessa tendenza, uno era lo spirito. E lo spirito era l’emancipazione dalle regole o dall’autoritá, la reazione contro il grammaticale, il rettorico, l’arcadico e l’accademico, e, come in tutte le altre cose, cosi anche qui non ammettere altro giudice che la logica e la natura. Secondo il solito, la critica passò il segno e, nella sua foga contro le superstizioni letterarie, toccò anche il sacro Dante onde venne la bella Difesa che ne scrisse Gaspare Gozzi. Ma la critica veniva dalla
testa e non aveva radice nell’educazione letteraria, che era stata anzi tutto l’opposto. Il che spiega come i critici, giudici ingegnosi de’ vivi e de’ morti, volendo essere scrittori, facevano mala prova, dando un po’ di ragione a’ retori e a’ grammatici, i quali, chiamati da loro «pedanti», chiamavano loro «barbari». Posti tra il vecchio, che censuravano, ed un nuovo modo di scrivere, chiaro nella loro testa, ma affatto personale, estraneo allo spirito nazionale e non preparato, anzi contraddetto nella loro
istruzione, si gittarono alla maniera francese, sconvolsero frasi, costrutti, vocaboli, e, come fu detto poi, «imbarbarirono la lingua». Gaspare Gozzi tenne una via mezzana e, facendo buona accoglienza in gran parte alle nuove idee, non accettò sotto nome di libertá la licenza, e si studiò di tenersi in bilico tra quella pedanteria e quella barbarie, usando un modo di scrivere corretto, puro, classico, e insieme disinvolto. Ma il buon Gozzi, misurato, elegante, savio, rimase solo come avviene a’ troppo savi nel fervore della lotta, quando la via di mezzo non è ancora possibile, standosi di fronte avversari appassionati, confidenti nella loro forza e disposti a nessuna concessione. Stavano nell’un campo i puristi, che, non potendo invocare l’uso toscano, intorbidato anch’esso dall’imitazione straniera, invocavano la Crusca e i classici, e, come non era potuta piú tollerare la prolissitá vacua del Cinquecento, rimettevano in moda il Trecento, quale esempio di scrivere semplice, conciso e succoso; onde venne quel motto felice: «Il Trecento diceva, il Cinquecento chiacchierava». Costoro erano, il maggior numero, cruscanti, arcadi, accademici, puri letterati : tutti brava gente, che avevano in sospetto ogni novitá e non volevano essere turbati nelle loro