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44 storia della letteratura italiana


avventure, imprese amorose erano una parte della loro vita, piú interessante che le lezioni accademiche. Fra tanti capi ameni ci era Girolamo, che per le sue eccentricitá si fe’ mandar via da Bologna, e non fu voluto ricevere in casa il padre, sicché fini frate in Brescia, ribattezzatosi Teofilo. Ma ne fuggi con una donna, e, ricomparso nel secolo, per campare la vita si die’ a scriver romanzi sotto il nome di quel tal Cocaio, postogli a’ fianchi. Cassandra inascoltata, dal padre, e di Merlino, il celebre mago de’ romanzi di cavalleria. Ebbe fama, ma quattrini pochi; e Merlino il «pitocco», come si chiama nel suo Orlandino, stanco della vita errante, si rifece frate, scrisse poesie sacre, e mori pentito e confesso e da buon cristiano, come il Boccaccio.

Merlino, o piuttosto Teofilo, o piuttosto Girolamo, era, come vedete, uno di quegli uomini che si chiamano «scapestrati», e fin dal principio perdono l’orizzonte, e fanno una vita «sbagliata». Messosi fuori di ogni regola e convenienza sociale, in una vita equivoca, non laico e non frate, tra miseria e dispregio, si abbrutí, divenne cinico, sfrontato e volgare. Trattò la societá, come nemica, e le sputò sul viso, prorompendo in una risata pregna di bile. Ridere a spese delle forme religiose e cavalleresche era moda : egli ci mise intenzione e passione. Ciò che negli altri era colorito, in lui fu l’obbiettivo, lo scopo. E a questa intenzione furono armi una fantasia originale, una immaginazione ricca e una vena comica tra il buffonesco e il satirico. La sua prima concezione, come ci assicura quel tal Cocaio, fu l’Orlandino o le geste del piccolo Orlando, poema in ottava rima e in otto capitoli. Lo chiama la prima deca «autentica» di Turpino, stimando apocrife tutte le storie in voga, eccetto quelle del Boiardo, del Pulci, dell’Ariosto e del Cieco da Ferrara:


                               Apocrife son tutte, e le riprovo
come nemighe d’ogni veritate;
Boiardo, l’Ariosto, Pulci, e ’l Cieco
autenticati sono; ed io con seco.
     


Ma Orlando nasce al settimo capitolo, e, quando comincia appena a vivere, finisce il poema. Forse il poco successo gli tolse