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xiv - la «maccaronea» 49


Come saggio, cito alcuni brani della sua invocazione alla musa maccaronica:


                               Sed prius altorium vestrum chiamare bisognai
o macaronaeam Musae quae funditis artem...
Non mihi Melpomene, mihi non menchiona Thalia,
non Phoebus grattans chitarrinum carmina dictent...
Pancificae tantum Musae doctaeque sorellae,
Gosa, Comina, Striax, Mafelinaque, Togna, Pedrala,
imboccare suum veniant macarone poëtam.
     


Ecco in qual modo descrive il Parnaso di queste muse plebee :


                               Credite, quod giuro, neque solam dire bosiam
possem, per quantos abscondit terra tesoros:
illic ad bassum currunt cava flumina brodae,
quae lagum suppae generant, pelagumque guacetti.
Hic de materia tortarum mille videntur
ire redire rates...
Sunt ibi costerae freschi tenerique botiri,
in quibus ad nubes fumant caldaria centum,
piena casoncellis, macaronibus atque foiadis.
Ipsae habitant nymphae super alti montis aguzzum,
formaiumque tridant gratarolibus usque foratis.
     


E non è meno originale il suo stile. Della nuova letteratura i grandi «stilisti» sono il Boccaccio, il Poliziano, l’Ariosto. Costoro narrando fanno quadri, ciò che costituisce il periodo. Ti offrono le cose dipinte, sono coloristi : Merlino dipinge le cose con altre cose; i suoi colori non sono concetti o immagini, sono fatti. Ha poche reminiscenze classiche: tra lui e la natura non ci è nulla di mezzo. La sua immaginazione non rimane nella vaga generalitá delle cose, ma scende nel piu. minuto della realtá e ne cava novitá di paragoni e di colori. I fatti piú assurdi e fantastici sono narrati co’ piú precisi particolari, ed hanno l’evidenza della storia, e ti rivelano un raro talento di osservazione dell’uomo e della natura, non nelle loro linee generali solamente, ma nelle singole e locali forme della loro esistenza. Veggasi la


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - ii.

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