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60 storia della letteratura italiana


Tali sono pure le sue osservazioni sul variare delle cose mondane nel capitolo della Fortuna. Delle sue poesie cosa è rimasto? Qualche verso ingegnoso, come ne’ Decennali:


                               la voce d’un Cappon tra cento Galli,      


e qualche sentenza o concetto profondo, come nel canto De’ diavoli o de’ romiti. Il suo capolavoro è il capitolo dell’Occasione, massime la chiusa, che ti colpisce d’improvviso e ti fa pensoso. Nel poeta si sente lo scrittore del Principe e de’ Discorsi.

Anche in prosa Machiavelli ebbe pretensioni letterarie, secondo le idee che correvano in quella etá. Talora si mette la giornea e boccacceggia, come nelle sue prediche alle confraternite, nella descrizione della peste e ne’ discorsi che mette in bocca a’ suoi personaggi storici. Vedi ad esempio il suo incontro con una donna in chiesa al tempo della peste, dove abbondano i lenocini della rettorica e gli artifici dello stile: ciò che si chiamava «eleganza».

Ma nel Principe, ne’ Discorsi, nelle lettere, nelle Relazioni, ne’ Dialoghi sulla milizia, nelle Storie, Machiavelli scrive come gli viene, tutto inteso alle cose, e con l’aria di chi reputi indegno della sua gravita correre appresso alle parole e a’ periodi. Dove non pensò alla forma riusci maestro della forma. E senza cercarla trovò la prosa italiana.

È visibile in Niccolò Machiavelli lo spirito incredulo e beffardo di Lorenzo, impresso sulla fronte della borghesia italiana in quel tempo. E avea pure quel senso pratico, quella intelligenza degli uomini e delle cose, che rese Lorenzo eminente fra’ principi, e che troviamo generalmente negli statisti italiani a Venezia, a Firenze, a Roma, a Milano, a Napoli, quando vivea Ferdinando d’Aragona, Alessandro sesto, Ludovico il moro e gli ambasciatori veneziani scrivevano ritratti cosi vivi e sagaci delle corti presso le quali dimoravano. Ci era l’arte: mancava la scienza. Lorenzo era l’artista: Machiavelli doveva essere il critico.

Firenze era ancora il cuore d’Italia : li ci erano ancora i lineamenti di un popolo, ci era l’immagine della patria. La libertá non voleva ancora morire. L’idea ghibellina e guelfa era