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xv - machiavelli 61


spenta, ma ci era invece l’idea repubblicana alla romana, effetto della coltura classica, che, fortificata dall’amore tradizionale del viver libero e dalle memorie gloriose del passato, resisteva a’ Medici. L’uso della libertá e le lotte politiche mantenevano salda la tempra dell’animo, e rendevano possibile Savonarola, Capponi, Michelangiolo, Ferruccio e l’immortale resistenza agli eserciti papali-imperiali. L’indipendenza e la gloria della patria e l’amore della liberta erano forze morali, fra quella corruzione medicea rese ancora piú acute e vivaci dal contrasto.

Machiavelli, per la sua coltura letteraria, per la vita licenziosa, per lo spirito beffardo e motteggevole e comico, si lega al Boccaccio, a Lorenzo e a tutta la nuova letteratura. Non crede a nessuna religione, e perciò le accetta tutte, e, magnificando la morale in astratto, vi passa sopra nella pratica della vita. Ma ha l’animo fortemente temprato e rinvigorito negli uffici e nelle lotte politiche, aguzzato negli ozi ingrati e solitari. E la sua coscienza non è vuota. Ci è li dentro la libertá e l’indipendenza della patria. Il suo ingegno superiore e pratico non gli consentiva le illusioni, e lo teneva ne’ limiti del possibile. E quando vide perduta la libertá, pensò all’ indipendenza e cercò negli stessi Medici l’istrumento della salvezza. Certo, anche questa era un’utopia o una illusione, un’ultima tavola alla quale si afferra il misero nell’inevitabile naufragio; ma un’utopia che rivelava la forza e la giovinezza della sua anima e la vivacitá della sua fede. Se Francesco Guicciardini vide piú giusto e con piú esatto sentimento delle condizioni d’ Italia, è che la sua coscienza era giá vuota e petrificata. L’immagine del Machiavelli è giunta a’ posteri simpatica e circondata di un’aureola poetica per la forte tempra e la sinceritá del patriottismo e l’elevatezza del linguaggio, e per quella sua aria di virilitá e di dignitá fra tanta folla di letterati venderecci. La sua influenza non fu pari al suo merito. Era tenuto uomo di penna e di tavolino, come si direbbe oggi, piú che uomo di Stato e di azione. E la sua povertá, la vita scorretta, le abitudini plebee e «fuori della regola», come gli rimproverava il correttissimo Guicciardini, non gli aumentavano riputazione. Consapevole di sua grandezza, spregiava quelle