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Papato e impero, guelfismo e ghibellinismo, ordini feudali e comunali, tutte queste istituzioni sono demolite nel suo spirito. E sono demolite, perché nel suo spirito è sorto un nuovo edificio sociale e politico.

Le idee che generarono quelle istituzioni sono morte, non hanno piú efficacia di sorta sulla coscienza, rimasta vuota. E in quest’ozio interno è la radice della corruttela italiana. Questo popolo non sí può rinnovare se non rifacendosi una coscienza. Ed è a questo che attende Machiavelli. Con l’una mano distrugge, con l’altra edifica. Da lui comincia, in mezzo alla negazione universale e vuota, la ricostruzione.

Non è possibile seguire la sua dottrina nel particolare. Basti qui accennare la idea fondamentale.

Il medio evo riposa sopra questa base : che il peccato è attaccarsi a questa vita come cosa sostanziale, e la virtú è negazione della vita terrena e contemplazione dell’altra; che questa vita non è la realtá o la veritá, ma ombra e apparenza; e che la realtá è non quello che è, ma quello che dee essere, e perciò il suo vero contenuto è l’altro mondo, l’inferno, il purgatorio, il paradiso, il mondo conforme alla veritá e alla giustizia. Da questo concetto della vita, teologi co-etico, usci la Divina commedia e tutta la letteratura del Dugento e del Trecento.

Il simbolismo e lo scolasticismo sono le forme naturali di questo concetto. La realtá terrena è simbolica: Beatrice è un simbolo, l’amore è un simbolo. E l’uomo e la natura hanno la loro spiegazione e la loro radice negli enti o negli universali, forze estramondane, che sono la maggiore del sillogismo, l’universale da cui esce il particolare.

Tutto questo, forma e concetto, era giá dal Boccaccio in qua negato, caricato, parodiato, materia di sollazzo e di passatempo: pura negazione nella sua forma cinica e licenziosa, che aveva a base la glorificazione della carne o del peccato, la voluttá, l’epicureismo, reazione all’ascetismo. Andavano insieme teologi e astrologi e poeti, tutti visionari : conclusione geniale della Maccaronea, ispirata al Folengo dal mondo della luna ariostesco. In teoria ci era una piena indifferenza, e in pratica una piena licenza.


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - ii.

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