Pagina:De le lettere.djvu/5

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la natura loro manifeʃta; acciꞷ̀ che ad un tεmpo, εt a coloro, che le vorranno uʃare, ʃiano nꞷte, εt a quelli, che le vorranno riprεndere, εxpꞷʃte. Ɛt apprεʃʃo mi ὲ parʃo ʃotto il nome di Vꞷʃtra Beatitudine pubblicarle; sì, perchè la prima vꞷlta, che queʃte lettere ʃi ʃono uʃate, ʃono ʃtate pꞷʃte ne la Canzone, che a quella donai; sì εtiandio, perchè εʃʃεndo quaʃi univerʃale opinione, che ʃotto il Pontificato di Vꞷʃtra Santità, non ʃolamente la chieʃia Romana, ma tutta la repubblica Chriʃtiana dεbba ricevere lume, ordine, εt augumento; così parimente convenevole cꞷʃa mi pare, che ʃotto il felice nome di quella la pronuntia Italiana ʃia in qualche parte illuminata, εt ajutata. Le lettere adunque, che io primamente aggiunʃi a l'alphabεto, furono ε apεrto, εt ꞷ apεrto; Ɛ queʃto feci, perciꞷ̀ che εʃʃεndo in e, εt o lettere vocali due pronuntie, l'una piu piccola, ε piu chiuʃa, ꞷ vero piu corta, ε piu obtuʃetta, chε l'altra, com'ὲ a dir veglio, ε vεglio, mele, ε mεle, toʃco, ε tꞷʃco, torre, ε tꞷrre, ε ʃimili, mi parve neceʃʃaria cꞷʃa con qualche nꞷta moʃtrarlo; perciꞷ̀ che veglio quando vuꞷl dir vigilo, ε mele