Pagina:De le lettere.djvu/6

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quando vuꞷl dir le poma, quel ve, ε quel me syllabe, hanno lo e di voce piu piccola, ε che ʃi pronuntia con la bocca manco apεrta, chε quando hanno quell'altro ʃignificato, che pꞷi ʃi dirà; Ɛ perὼ in queʃta ʃignificatione le ʃcriveremo con lo e conʃuεto, il cui charactέre dimoʃtra la pronuntia di detta lettera non εʃʃere molto apεrta. Ma quando pꞷi vεglio vorrà dire un hꞷmo attempato, ε mεle vorrà dire il mεle, che fanno le api, alhora ʃi ʃcriveranno per ε apεrto; il quale ε ʃe bεn nel Grεco piu tꞷʃto l'altra voce, chε queʃta dinꞷta, nondimeno a la natura de la prεʃente pronuntia molto ʃi conviεne, per εʃʃere piu apεrto, chε'l cancellareʃco. Ɛ così la pronuntia di queʃte parꞷle, ε di molte, ε molt'altre ʃarà con tal ʃcrittura manifeʃta. Similemente ʃi farà de lo o, perciὼ che pigliandoʃi Toʃco per hꞷmo Toʃcano, ε torre per uno εdificio alto, ʃεndo quel to de la piu piccola, ε meno apεrta pronuntia, ʃi ʃcriverà per lo o conʃuεto; ma quando ʃi prenderà tꞷʃco per veneno, ε tꞷrre per pigliare, ciꞷὲ infinito di tꞷglio vεrbo, alhora ʃi ʃcriverà per ꞷ apεrto; ε così faraʃʃi in tutte le prolationi de gli o, ε de le e; cꞷʃa, che aju-