Pagina:De le lettere.djvu/7

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terà mirabilmente ad aʃʃeguire la pronuntia Toʃcana, ε la Cortigiana; le quali ʃεnza dubbio ʃono le piu bεlle d'Italia. Dopo queʃte viεn il z, il quale ha parimente due pronuntie divεrʃe; l'una de le quali tiεne alquanto del c, l'altra del g; com'ὲ a dir ZꞶccolo, ZꞶppo, Zecca, avezo; qui il z ha piu del c Lombardo, chε in Ʒona, Ʒoroaʃtro, Ʒephiro, meço, ε ʃimili; ove ha piu del g. tal che a BolꞶgna così nel vulgare, come nel latino quando il g ʃi truꞶva avanti e, Ꞷvero i, ʃi pronuntia per queʃto ʃecondo ç; com'ὲ virgines ʃi pronuntia virçines, ε generoʃo çeneroʃo, ε ʃimili. Ɛ perὼ, quando la pronuntia del z ʃarà ʃimile al c, la ʃcriveremo per lo z conʃueto; com'ὲ ZꞶccolo, belleza, spεzo, ε ʃimili. pꞶi, quando ʃarà ʃimile al g, ʃi ʃcriverà per queʃto altro charactέre ç; come ὲ Ʒephiro, meço, reço, ε ʃimili. Nε mi ὲ naʃcoʃo, che ritrovandoʃi parimente queʃta pronuntia divεrʃa, ε con divεrʃi charactέri ʃcritta ne la lingua SpagnuꞶla, che eʃʃi uʃano i charactέri a l'oppꞶʃito di quel, che facc'io; ciꞶὲ uʃano il z commune, quando la pronuntia ὲ ʃimile al g, ε quando ὲ ʃimile al c uʃano l'altro; ma noi