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nell’Esposizione di Parigi 27

delle sacerdotesse di Iside. E nell’esecuzione di questi gioielli falsi spiegasi in Inghilterra un’industria sorprendente.

Ma prima di lasciare l’Inghilterra credo utile di far parola di altra scuola di oreficeria, la quale, se non può chiamarsi assolutamente inglese, ha nullameno sede nel gran paese asiatico, che trovasi sotto il dominio Britannico. Intendo parlare della scuola indiana. Fra le stupende collezioni dei prodotti industriali dell’India, che il principe di Galles ha esposte al Campo di Marte, ve n’è una degna di speciale considerazione, ed è quella degli ornamenti personali delle varie tribù, che sono al di là del Gange. Si resta colpiti nel riconoscere in molti di tali gioielli la riproduzione di certi tipi ellenici, familiari a chiunque abbia anche di volo studiato l’arte antica. Ma questo fatto è d’altronde spiegabile, allorchè si considera quanta influenza devono avere esercitato sull’arte dell’India le conquiste di Alessandro il Grande. Il Buddismo combattuto da altre sètte religiose, trovò utile avvalersi dell’arte figurata, che esso aveva appreso dai greci invasori, per scolpire nel marmo e nel bronzo i simboli mistici della sua fede. Infatti può dirsi che,