Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/109

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guardi don Zame quando ti guarda. Così passò il tempo. Ma i morti ritornano: eccoli, quando don Giacintino sta seduto sullo sgabello e Grixenda sulla soglia della porta, mi par di essere io e il beato morto....

Quando ella incominciava a divagare così non la finiva mai, ed Efix che lo sapeva la mandò via infastidito.

— Andate in pace! Cercate anche voi un uomo con un buon pungolo, per nipote vostra!

E la vecchia contenta di sapere che il ragazzo una sera alla festa aveva detto: «la sposerò» andò via senz’altro. Efix rimase solo in faccia alla luna rossa che saliva tra i vapori cinerei della sera, ma si sentiva inquieto: nel sopore in cui tutta la valle era immersa, il mormorio dell’acqua gli pareva il ronzio della febbre, e che i grilli stessi col loro canto si lamentassero senza tregua.

No, la vita che Giacinto conduceva non era quella di un giovane onesto e timorato di Dio: giorno per giorno le grandi speranze fondate su lui cadevano lasciando posto a vere inquietudini. Egli spendeva e non guadagnava; ed anche il pozzo più profondo, pensava Efix, ad attingervi troppo si secca.

Qualche sera Giacinto scendeva al poderetto per portare in paese le frutta e gli ortaggi che le zie poi vendevano a casa di nascosto come roba rubata, poichè non è da donne nobili far le erbivendole, e tutto questo era quanto