Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/139

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— Che fare, Efix, allora? Che fare?

— Ebbene, senti: tu andrai ancora dall’usuraia e ti farai dare cento lire per recarti a Nuoro. Là cercherai il posto. L’importante è di cambiar strada, adesso; di sollevarti una buona volta. Intendi?

Ma Giacinto, che fino all’ultimo momento aveva sperato nell’aiuto del servo, non rispose, non parlò più. Ripiegato su sè stesso come una bestia malata, sentiva le cavallette volare crepitando tra le foglie secche e seguiva con uno sguardo stupido lo sbattersi delle loro ali iridate. Due gli caddero sulla mano, intrecciate verdi e dure come di metallo. Egli trasalì. Pensò a Grixenda, pensò che doveva partire e non rivederla più, così povero da rinunziare anche a una creatura così povera. E affondò il viso tra l’erba, singhiozzando senza piangere, con le spalle agitate da un tremito convulso.