Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/173

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cennando a Giacinto di seguirlo, e Giacinto lo seguì.

Andarono dietro la chiesa, si appoggiarono al muro in rovina, davanti il grande paesaggio pieno di luce.

— Ebbene? — domandò Efix con voce tremante.

Questa parola fece ridere Giacinto: non seppe perchè, ma davanti alla miseria del servo si sentiva tutto ad un tratto forte e malvagio.

— Lo domandi a me «ebbene?» Lo domando io a te. Che c’è di nuovo che ti spinge alle mie calcagne? Sei venuto a comprare il vino per le nozze di zia Noemi?

— Rispetta tue zie! Tu non le rivedrai più. Donna Ruth è morta.

Giacinto allora abbassò il viso e si guardò le mani.

— Vedi? Vedi? Neanche una parola di dolore, dici! Neanche una lagrima! Ed è morta per te, miserabile! È morta di dolore per causa tua.

La spalla di Giacinto cominciò a tremare; tremò anche il suo labbro inferiore, ma egli se lo morsicò rabbiosamente, e strinse e riaprì i pugni quasi volesse prendere e buttar via qualche cosa.

— Che ho fatto? — domandò con insolenza.

Allora Efix lo guardò di sotto in su con dolore e disprezzo.

— E lo domandi anche? E perchè sei an-