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Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/174

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cora qui se non sai quello che hai fatto? Io non ti dico nulla, non ti domando nulla perchè non hai nulla. Neanche cuore hai! Solo son venuto a dirti che non devi più rimetter piede in casa loro!

— Potevi risparmiarti questa fatica! Chi pensa a ritornare?

— Così rispondi? Di’ almeno cosa intendi di fare. Le hai ridotte all’elemosina, le tue disgraziate zie. Che intendi di fare?

— Pagherò tutto, io.

— Tu? Con promesse! Ah, ma adesso basta, perdio! Adesso non inganni più nessuno, sai! È tempo di finirla. E smetti la finzione perchè tanto non abbiamo più nulla da darti. Hai inteso, miserabile?

Allora Giacinto lo guardò a sua volta da sotto in su, maligno e sorpreso, poi sollevò di nuovo le braccia e parve alzarsi da terra scuotendosi tutto contro Efix come un’aquila sopra la sua preda. I suoi occhi e i suoi denti scintillarono al tramonto, e il suo viso diventò feroce.

— Di’, non ti vergogni? — domandò sottovoce, afferrandogli le braccia e ficcandogli gli occhi negli occhi.

Ed Efix ebbe l’impressione che quello sguardo gli bruciasse le pupille: un rombo gli risuonò entro le orecchie.

— Non ti vergogni? Miserabile, tu! Io posso aver errato, ma son giovane e posso riparare.