Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/28

Da Wikisource.

— 20 —

subito dominata dal Monte che pareva incomberle sopra come un enorme cappuccio bianco e verde.

Tre porticine s’aprivano sotto un balcone di legno a veranda che fasciava tutto il piano superiore della casa, al quale si saliva per una scala esterna in cattivo stato. Una corda nerastra, annodata e fermata a dei piuoli piantati agli angoli degli scalini, sostituiva la ringhiera scomparsa. Le porte, i sostegni e la balaustrata del balcone erano in legno finemente scolpito: tutto però cadeva, e il legno corroso diventato nero, pareva al minimo urto sciogliersi in polvere come sgretolato da un invisibile trivello.

Qua e là però, nella balaustrata del balcone, oltre le colonnine svelte ancora intatte, si osservavano avanzi di cornice su cui correva una decorazione di foglie, di fiori e di frutta in rilievo, ed Efix ricordava che fin da bambino quel balcone gli aveva destato un rispetto religioso, come il pulpito e la balaustrata che circondava l’altare della Basilica.

Una donna bassa e grossa, vestita di nero e con un fazzoletto bianco intorno al viso duro nerastro, apparve sul balcone; si curvò, vide il servo, e i suoi occhi scuri a mandorla scintillarono di gioia.

— Donna Ruth, buon giorno, padrona mia!

Donna Ruth scese svelta, lasciando vedere le grosse gambe coperte di calze turchine: