Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/283

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— Nulla, donna Noemi mia!

— Un’altra cosa ti voglio domandare, Efix; ma mi devi rispondere il vero. Tu.... — esitò un momento, poi alzò la voce, — tu hai parlato di questo fatto con Giacinto? Dimmi il vero.

— No; — mentì egli con voce ferma: — le giuro, io non ne ho parlato.

— Tu allora credi che sia stato Predu a dirglielo?

— Io credo così, donna Noemi mia.

— Un’altra cosa. Dimmi, perchè sei andato via?

— Non lo so; pensavo appunto a questo, addormentandomi. Pensavo fosse stato il Signore a farmi andar via. Avevo paura e vergogna di presentarmi a don Predu con quella risposta. Sì, donna Noemi, perchè don Predu mi aveva preso al suo servizio solo per questo, io lo capisco: egli voleva bene a lei e voleva che fossi io l’intermediario. Allora, quando lei disse di no, di no, sono scappato....

Noemi si mise a ridere: ma un riso lieve, ben diverso dal cattivo riso di prima. Era compassione per Efix, compassione per don Predu, ma anche soddisfazione e dolcezza: mai, mai Efix l’aveva sentita ridere così. Eppure egli ricordava quel riso, quel volto curvo su lui, quell’ombra e quella luce tremula intorno: e il cuore gli batteva, gli batteva, da spezzarsi.