Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/59

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l’antico cimitero per visitare la casa abbandonata. Rimise in ordine le trapunte e i cestini; chiuse, riaprì: l’armadio strideva e pareva la sola cosa viva della casa.

Finalmente si decise e strappò la lettera dal fascio di carte; era ancora bianca, entro la busta bianca; sembrava scritta ieri e che nessuno ancora l’avesse letta.

Noemi sedette sul letto, ma aveva appena svolto il foglio e messo una mano sul pomo d’ottone che qualcuno picchiò, giù: prima un colpo, poi tre, poi incessantemente.

Ella sollevò la testa, guardando verso il cortile con occhi spaventati.

— Il postino non può essere: è già passato....

I colpi echeggiavano nel cortile silenzioso: così picchiava suo padre quando tardavano ad aprirgli....

Abbandonò la lettera e corse giù, ma arrivata al portone si fermò ad ascoltare: il cuore le batteva come se i colpi le arrivassero al petto.

— Signore! Signore! Non può esser lui....

Finalmente domandò un po’ aspra:

— Chi è?

— Amici, — rispose una voce straniera.

Ma Noemi non riusciva ad aprire, tanto le tremavano le mani.


Un uomo giovane che pareva un operaio, alto e pallido vestito di verde, con le scarpe