Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/86

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sul lettuccio lungo il muro, con le palpebre chiuse così delicate che pareva vi trasparisse l’azzurro degli occhi, coi capelli rossicci sul bianco del guanciale e i pugni chiusi come un bambino che sogna. Aveva dimenticato per terra il lume acceso. Efix si curvò a spegnerlo pensando che i Pintor erano tutti così; incuranti dell’economia e del pericolo.

Ebbene, forse meglio così nella vita! Anche lui si volse supino e chiuse i pugni: attraverso i buchi del tetto oscillavan le stelle e il loro tremolìo e l’incessante tremolìo dei grilli parevano la stessa cosa.

Si sentiva l’odore degli ontani e del puleggio; tutto era caduto in un silenzio tremulo come dentro un’acqua corrente. Ed Efix ricordava le sere lontane, il ballo, i canti notturni, donna Lia seduta sulla pietra all’angolo del cortile, piegata su sè stessa come una giovine prigioniera che rode i lacci e piano piano si prepara alla fuga.