Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/117

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Ozio 107


letto. Le onde d’un azzurro denso, insanguinate dal riflesso del tramonto, venivano a lambire la spiaggia sotto la collina; pareva che il mare volesse avanzarsi, curioso, verso la terra immobile, ma arrivato ad un certo punto retrocedesse pentito, lasciandosi dietro qualche onda che si affrettava a raggiungere spaventata le compagne. E al ritirarsi dell’onda la spiaggia scintillava e pareva tutta di madreperla. I fiori della genziana odoravano sulla collina. E Barbara, infastidita dalle chiacchiere maliziose della donna, pensava:

— La natura è bella e sincera quanto noi, creature di Dio, siamo impure e maligne.

*

Passarono alcuni giorni. Il tempo era splendido, e Barbara si sentiva sempre meglio: ma a misura che le forze le ritornavano, cresceva in lei il tedio della solitudine. Una mattina si provò a lavorare; prese un foglio, sedette al balcone e disegnò una figura. Ma aveva appena abbozzato la testa, — una testa fine, scura, di efebo malinconico, — che già sentiva un principio di emicrania. No, non poteva lavorare.

— Il lavoro, dicono, è la gioia degli uomini.