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Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/118

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108 cattive compagnie


Non è vero: ne è il tormento, — pensò buttando il foglio per terra, dietro la tenda del balcone. E si mise a contemplare per la millesima volta il quadro del porto e del golfo. La barca di Antoniotto era appena arrivata: i due pescatori anziani tirarono su un cestino pieno di pesci color d’argento; il giovine, ritto sulla scaletta della barca, con una scodella in mano, guardò il cestino, poi guardò Barbara.

Era la prima volta che osava rispondere allo sguardo di lei: pareva le dicesse: — guarda, non sono un pezzente: guarda che bella rendita ho io!

I loro sguardi s’incontrarono per un attimo.

Barbara gli sorrise: egli si turbò talmente che la scodella gli cadde di mano. Ella si domandò perchè gli aveva sorriso, e disse a sè stessa di averlo fatto istintivamente, come aveva sorriso al cagnolino; ma in fondo sentì che mentiva, che nascondeva a sè stessa una ragione inconfessabile.

La barca rimase tutto il giorno nel porto. I due pescatori anziani la volsero di fianco, la tirarono su coi cavi, ne lavarono la parte esterna. E lavorando cantavano:

Forza, giovani belli, forza!
Forza, giovani forti, forza!