Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/21

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Solitudine! 11


febbre fortissima. Rassicurato alquanto, Sebiu gli si sdraiò a fianco, domandandosi che cosa doveva fare. L’indomani, lunedi, arrivava il veliero per il carico del carbone; egli non poteva abbandonare il suo posto, e d’altronde aveva paura di tradire il ferito, il cui scopo, evidentemente, era quello di nascondersi.

— E se muore qui? E se, come pare, ha commesso qualche mala azione, in seguito alla quale è stato ferito? Lo ricercheranno, lo troveranno qui, ed io passerò per complice! Proprio benissimo! — pensava: ma l’idea di denunziare il vecchio neppure gli sfiorava la mente.

All’alba vegliava ancora: gli pareva che il ferito, che ansava e gemeva, gli comunicasse la sua febbre. Stanco e assonnato, si alzò, e di nuovo andò a vagare intorno ai mucchi del carbone. Sul mare solitario si stendevano come dei grandi veli color rosa: alcune onde s’avanzarono ancora fino alle roccie, sotto il rialzo ove sorgeva la capanna, ma la spiaggia, intorno alla cala, appariva scoperta, scintillante di conchiglie e di perline. Sotto il cielo roseo la landa melanconica si svegliava; le paludi riflettevano il colore del cielo, sulle macchie umide svolazzavano gli uccelli ancora silenziosi. L’odore aspro del musco degli scogli si fondeva col profumo del mentastro.