Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/26

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16 cattive compagnie


Pensava sempre al ferito; voleva conservare la zuppa per lui. Rientrò e sollevò il sacco; e con meraviglia vide che il vecchio dormiva: la febbre era quasi cessata, il viso riprendeva il colorito naturale. Le ore passarono, il veliero partì verso sera, spinto dal vento favorevole; e il guardiano, rimasto di nuovo in compagnia del suo ospite misterioso, riuscì a fargli sorbire qualche cucchiaio del brodo dei marinai e qualche goccia d’acquavite. Durante la notte la febbre riassalì il ferito che delirando parlava del suo cavallo, di una bisaccia colma di frumento, e pregava una donna, Marianna, di bruciare la tonaca.

Il giorno dopo arrivarono i carri del carbone, e Sebiu rimase tutto il giorno sulla spiaggia. Un carrettiere gli consegnò una bottiglia di latte e le uova mandate da Pottoi, e alcune pastiglie di chinino; egli prese il chinino ma continuò a sentire un ronzio e fischi entro le orecchie, e a momenti gli pareva che il mare e la landa avessero la stessa ondulazione e la capanna si movesse come una barca.

Il ferito migliorava. Al terzo giorno, verso sera, la febbre cessò, ed egli parlò d’andarsene. Pur dichiarando a Sebiu una viva riconoscenza, non gli disse chi era nè chi lo aveva ferito: pareva che un solo pensiero lo preoccupasse.