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52 | cattive compagnie |
lui, da un caporale contadino, da un sergente barbiere, che lo obbligavano a vegliare, incosciente e maligno come l'occhio della lanterna, sopra un precipizio contro il quale s’infrangeva il vano assalto delle onde.
Perchè si privava del sonno, unica dolcezza che la fortuna gli accordava facilmente, per vigilare la tomba di quegli uomini vivi che non gli avevano fatto del male? E chi lo sapeva? Era la stessa potenza illogica e mostruosa che lo costringeva a vivere una vita senza amore e senza dolore, i cui giorni, simili alle onde, andavano a battersi inutilmente contro lo scoglio del nulla.
Il pescatore portò di là dello scoglio la sua barca, e tutto tornò buio, d’un buio azzurrognolo, rotto appena dal chiarore della lanterna e da riflessi lontani.
Serafino aveva sonno: i suoi tristi pensieri lo cullavano stranamente, eguali, sempre eguali, monotoni e sonnolenti come il rumore delle onde. Ripensava ai versi del suicida ripetendoli fra di sè col motivo della Sonnambula.
Parevano fatti apposta per lui, quei versi: e quel motivo facile e dolce gli ricordava i vecchi motivi che avevano cullato i suoi primi sogni di studente. Adesso la notte era stellata e cheta, ma non più lieta di sogni. Un sogno