Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/67

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Novella romantica 57


si trascinò un po’ sulle ginocchia, e si rifugiò come un cane fra le gambe di Serafino, quasi cercando in lui una difesa contro gli altri che potevano da un momento all'altro sopraggiungere.

— No, no, figlio mio, cristiano, no, non chiamate, no, no — balbettava.

E poiché Serafino lo esaudiva, ardì sollevarsi alquanto e sovrappose l'una sull'altra le mani tremanti.

— Legatemi, legatemi, — supplicava, — ma non chiamate. Ho finto di essere malato per fuggire. C'è una donna, una vecchia, che mi aspetta da venti anni: è mia moglie. Ora mi ha scritto che sta male, tanto male, ma che morrebbe tranquilla se potesse vedermi ancora una volta. Le ho scritto che avrei fatto di tutto per contentarla, per darle questa gioia, dopo che per tutta la vita non le ho causato che dolori. Ora mi aspetta: bisogna che io tenga la parola, altrimenti quella muore disperata. Come farò se voi non avete pietà di me? Cristiano, abbiate pietà di me; no, di quella vecchia moribonda, che ha sempre sofferto. Se vostro padre si trovasse nelle mie condizioni, davanti a mio figlio soldato? Che direste voi? Lasciatemi andare, via; siamo tutti fratelli, nel mondo; chissà che un giorno non