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Novella romantica 71


di questa sua prima. Sento che Lei è tanto giovane; io ho qualche anno di più; mi permetterà dunque di essere, oltre che la sua traduttrice, anche un po' la sua amica lontana. Lontana per modo di dire, poiché oramai non esistono più distanze, tanto che, come ho letto giorni fa in un grazioso articolo del Figaro, ci sono delle signore che si rendono visita dall’Europa all’America.

La sua lettera, egregio signore, mi ha interessato quanto e forse più della sua novella: mi ha fatto l’impressione d’una pagina di romanzo; ma chi non ha una pagina di romanzo più o meno bella, più o meno terribile, nella propria vita?

Nella sua Pietà, io avevo sentito appunto qualche cosa di vero che mi colpiva anche per una ragione speciale. Un vecchio amico della mia famiglia, che io amavo come un padre, venne, qualche anno fa, condannato per aver ucciso la sua seconda moglie che lo tradiva. Tentò di evadere e fu ucciso da un guardiano del penitenziario. La sua novella mi ha, come può figurarsi, profondamente colpito per questa ragione, ma anche per la sua forma semplice e suggestiva: io oserei consigliarla di proseguire a scrivere.

Ho scritto anch’io qualche novella, e tradotto poesie e romanzi italiani; anch’io, nei mesi che passo in questo paesetto dell’Olanda meridionale, faccio scuola a una trentina di bambine povere. Come vede, i nostri destini si rassomigliano; io, però, ho più di Lei fede nella vita; tanto che oso dirle: Lei ha torto a lamentarsi. La povertà è sovente una fortuna (scusi il paradosso). L’uomo povero ha meno occasione del ricco di logorare inutilmente la propria vita, ha più del ricco i mezzi di vi-