Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/117

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dre e l’ha gettata nella via del male? Io non lo amo e non lo odio, ma non lo disprezzo come dovrei. Egli non è cattivo e neppure completamente triviale come tutti i nostri vicini: coi suoi sogni bambineschi di tesori e di cose meravigliose, col suo affetto rispettoso verso la vecchia moglie, con la sua fedeltà costante per la famiglia del padrone, egli mi riesce talvolta simpatico, e questo mi dispiace, perchè io dovrei e vorrei disprezzarlo. Che cosa è per me lui? Gli ho chiesto io di farmi nascere? Io dovrei abbandonarlo, ora che sono cosciente....

Ma un po’ d’affetto e molta confidenza lo univano a zia Tatàna. Essa non era riuscita a far di lui quello che aveva sognato, cioè un ragazzo religioso e obbediente, ma anche così come egli era, indifferente a Dio, maldicente dei preti e del re, protervo e spregiudicato, lo amava egualmente, convinta che egli, nonostante i suoi difetti, sarebbe diventato un grande uomo.

Egli rideva e scherzava con lei, la faceva ballare, le raccontava tutti gli avvenimenti del paese. Ogni mattina ella gli portava a letto una tazza di caffè, e gli annunziava se la giornata era bella o brutta; tutte le domeniche, poi, gli prometteva denari se egli andava a messa.

— No, ho sonno, — egli rispondeva; — ho studiato tanto ieri notte.

— Allora andrai più tardi, — ella insisteva.

Egli non prometteva, ma zia Tatàna gli dava egualmente i denari.

E sempre intorno a lui svolgevasi la stessa