Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/151

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Egli balzò in piedi con un occhio chiuso e l’altro aperto, una guancia pallida e rossa l’altra.

— Che sonno! — disse stirandosi. — È che stanotte non ho dormito per niente. Ora vado.

Andò a lavarsi, si pettinò, perdette mezz’ora a farsi la scriminatura da una parte, poi nel mezzo, poi a farla scomparire del tutto. Il cuore gli batteva con angoscia.

— Che è questo? Che diavolo ho? — pensava, e voleva dominarsi ma non ci riusciva.

— Sei ancora lì? Quando dunque andrai? — gridò la vecchia dal cortile. Egli si affacciò alla finestra.

— Cosa dunque gli dirò?

— Che parti domani; che farai da bravo; che sarai sempre un figlio rispettoso.

— Amen! E lui cosa mi dirà?

— Ti darà dei buoni consigli

— Non mi parlerà di quella cosa....

— Di quale cosa?

— Dei denari! — diss’egli, abbassando la voce e portandosi le mani alla bocca.

— Oh, benedetto! — rispose la vecchia sollevando le braccia. — Che ci hai da veder tu? Tu non sai nulla!

— E allora vado....

Ma invece andò da Bustianeddu, poi nell’orto per congedarsi da zio Pera ed anche dai fichi d’india, dai cardi, dal panorama, dall’orizzonte.... Trovò il vecchio sdraiato sull’erba col randello posato anch’esso sull’erba con attitudine di riposo.