Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/150

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Ma appena mangiato uscì nel cortile e si sdraiò sopra una stuoia, sotto il sambuco. L’aria era tiepida; attraverso i rami Anania vedeva grandi nuvole bianche passare sul cielo turchino; egli guardava e sentiva una dolcezza infinita calare da quelle nuvole; pareva una pioggia di latte tiepido. Ricordi lontani, erranti e cangianti come le nuvole, gli sfioravano la mente, confusi con le impressioni recenti. Ecco, egli rivede il paesaggio melanconico vigilato dai pini sonori, dove suo padre ara la terra per seminare il frumento del padrone. I pini hanno un rombo che pare la voce del mare; il cielo è profondamente e tristemente azzurro. Anania ricorda due versi.... «I suoi occhi sono azzurri, vuoti e profondi come il cielo». Gli occhi di Margherita? No; egli offende Margherita pensando così; ma intanto è felice di ripetere versi così originali.... «I suoi occhi sono azzurri, profondi e vuoti come il cielo».

Chi passa dietro il pino? Il portalettere dai baffi rossi: una cornacchia con le ali aperte, batte forte il becco sulla fronte del povero uomo. Dun, dun, dun! Margherita corre ad aprire, prende la lettera rosea a fili verdi, e comincia a volare. Anania vorrebbe seguirla, ma non può: non può muoversi, non può parlare; ecco però il portalettere che si avvicina e lo scuote....

— Sono le tre, figlio mio; quando dunque andrai dal padrino? — chiese zia Tatàna, scuotendolo.