Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/156

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Niente. Era tutto inutile. Anche se ella aveva capito, anche se ella gli voleva bene.... Ma questa era una stupidaggine. Eppoi tutto era inutile! Un vuoto immenso lo circondava, e in questo vuoto la voce del signor Carboni si perdeva senza essere ascoltata, come in un abisso deserto.

— Sta lieto e non pensare ad altro che a studiare! — concluse il padrino, vedendo che Anania sospirava. — Allegro dunque! Sii uomo e fatti onore!

Margherita rientrò accompagnata dalla madre, che prodigò allo studente la sua parte di consigli e d’incoraggiamenti. La fanciulla andava e veniva per la stanza; s’era ravviata i capelli in modo civettuolo, lasciando un ciuffetto sulla tempia sinistra, e, quel che più importa, s’era incipriata. I suoi occhi scintillavano; era bellissima, ed Anania la seguiva con uno sguardo delirante, ripensando al bacio di Agata. Come attirata dal fascino di quello sguardo, quando egli andò via ella lo seguì e lo accompagnò fino al portone. La luna illuminava il cortile, come in quella sera lontana, quando la visione altera eppur soave di lei aveva destato nel bimbo la coscienza del dovere: anche adesso ella appariva altera e soave, e camminava leggera, con un fruscio d’ali, pronta a volare: ed Anania credeva ancora di sognare, di vederla sollevarsi davvero e sparire nell’infinito, e di non poterla raggiungere mai più; e il desiderio di stringerle la vita sottile, cinta dal nastro lucente, gli dava le vertigini.