Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/162

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come un volto d’alabastro sul cielo verdognolo del crepuscolo tiepido. È la stessa luna che vedevo salire sul solitario orizzonte nuorese, è lo stesso viso rotondo e melanconico che vedevo affacciarsi sopra le roccie dcll’Orthobene, ma come ora mi sembra più dolce, diverso, quasi sorridente!»

E di nuovo, appena impostata questa prima epistola, egli sentì un impetuoso desiderio di correre all’aperto, e salì sul colle di Bonaria.

Una dolcezza orientale calava con la sera splendida; il viale che conduce al Santuario era deserto, e la luna cominciava a brillare attraverso gli alberi immobili: il cielo di un azzurro verdastro prendeva, sopra la linea madreperlacea del mare, una tinta d’un verde inverosimile, e nuvole rosse e violette lo solcavano.

Pareva un sogno.

Anania si fermò davanti al Santuario, e guardò il mare: le onde riflettevano la luminosità del cielo, delle nuvole colorate e della luna, e venivano ad infrangersi sotto il colle, come enormi conchiglie di madreperla che arrivate alla riva si scioglievano in liquido argento. E le barche veliere, allineate sullo sfondo luminoso, parevano ad Anania immense farfalle scese a riposarsi sull’acqua.

Mai egli si sentì felice come in quell’ora: gli pareva che la sua anima fosse luminosa come il cielo, grande come il mare.

Al bagliore della luna e dell’estremo crepuscolo decifrò qualche frase della lettera di Mar-