Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/165

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zo, dalla padrona di casa; ma che importava? Se non qui, là, in un punto ignoto ma reale, a Cagliari, a Roma od altrove, ella viveva e conduceva, o aveva condotto, una vita simile a quella delle donne che gli abitanti di Via San Lucifero volevano scacciare dal loro quartiere.

— Perchè Margherita mi ha scritto? — egli pensava, — e perchè le ho risposto? Quella donna ci dividerà per sempre. Perchè ho sognato? Domani scriverò a Margherita, le dirò tutto. Ma che posso dirle? E se quella donna fosse morta? Perchè devo rinunziare alla felicità? Non lo sa, forse, Margherita, che io sono figlio del peccato? Se si fosse vergognata di me non mi avrebbe scritto. Sì, ma certamente ella crede che mia madre sia morta, o che per me sia come morta; mentre io sento che è viva, e non rinunzio al mio dovere, che è quello di cercarla, trovarla, trarla dal vizio.... E se si è emendata? No, essa non si è emendata. Ah, è orribile; io la odio.... La odio, la odio!

Visioni truci gli attraversavano la mente: vedeva sua madre accapigliata con altre donne, con uomini luridi e bestiali, udiva grida terribili, e tremava d’odio e di disgusto.

Verso mezzanotte ebbe una crisi di lagrime; soffocò i singhiozzi mordendo il guanciale, torse le braccia, si graffiò il petto; si strappò dal collo l’amuleto datogli da Olì il giorno della loro fuga da Fonni, e lo scaraventò contro il muro: oh, così avrebbe voluto strappare e buttare lontano da sè il ricordo di sua madre!