Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/186

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compagna lo avevano fermato, Anania sussultò, preso da un senso d’orrore, e trascinò via il Daga che rispondeva insolentemente alla donna.

Era lei? Poteva esser lei? Era una sarda.... poteva esser lei!...


II.


Sdraiato sul suo lettuccio, dopo ore ed ore di amarezza, di dubbio, di opprimente melanconia, egli pensava:

— È inutile illudermi; non sono pazzo, no; ma non posso più vivere così; bisogna ch’io sappia.... Oh, fosse morta! fosse morta! Bisogna che io cerchi. Non sono venuto a Roma per questo? Domani! domani! Dal giorno che arrivai ripeto questa parola, e l’indomani arriva ed io non faccio niente. Ma che posso fare? Dove devo andare? E se la trovo?

Ah, era di questo che egli aveva paura. Non voleva neppur pensare a quanto poteva accadere dopo....

Improvvisamente si domandò: — E se mi confidassi col Daga? Se io ora gli dicessi: «Battista, devo uscire, devo recarmi in Questura per chiedere informazioni....» Ah, non ne posso più! Sono tanti e tanti anni che io trascino con me questo peso: ora vorrei liberarmene, gettarlo via come si getta un ca-